La Corte d'Appello di Milano ha confermato la condanna di un mese e dieci giorni di reclusione (convertita in una multa di 4.000 euro) a carico di un amministratore unico e datore di lavoro per il reato di lesioni personali colpose gravi ai danni di un dipendente in relazione ad un grave infortunio sul lavoro.
IL FATTO
L'incidente è avvenuto presso lo stabilimento aziendale. Il lavoratore coinvolto, operaio addetto all'assemblaggio e fattorino, ha subito un "trauma da schiacciamento con frattura scomposta esposta del V metacarpo destro e lussazione" mentre operava su una macchina adibita allo stampo di materiale plastico. Le lesioni lo hanno reso inabile alle normali occupazioni per 60 giorni.
Secondo la ricostruzione dei fatti, il dipendente si sarebbe introdotto all'interno del macchinario per ispezionare una perdita d'acqua. Dopo aver fermato la macchina e rimosso le protezioni in plexiglas nel tentativo di individuare la perdita, avrebbe con il joystick lungo 2,5 metri riattivato lentamente gli ingranaggi con la mano sinistra. In quel momento, essendo all'interno del macchinario e con le protezioni rimosse, il braccio destro gli è rimasto incastrato negli ingranaggi.
Le indagini successive all'infortunio hanno rivelato una serie di gravi carenze in materia di sicurezza, che hanno portato alla contestazione della negligenza, nonché l'inosservanza delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro.
I TRE MOTIVI DELLA CONDANNA
La Corte d'Appello, nel confermare la condanna, ha rigettato le argomentazioni della difesa basate sull'idea che la colpevolezza debba ricadere sul comportamento incauto del lavoratore e sull'azienda esterna commissionata per la redazione della documentazione.
Tre sono i punti fondamentali che hanno evidenziato le piene responsabilità del datore di lavoro:
1️⃣ Carenze strutturali e procedurali del macchinario:
È emerso che la macchina non era stata mantenuta secondo il manuale del produttore, risultando modificata nella configurazione originale e priva della protezione del meccanismo di caricamento nella zona superiore. Inoltre, non veniva utilizzata secondo le istruzioni, mancando le protezioni gialle in lamiera forata previste dal costruttore che avrebbero impedito al lavoratore di introdursi all'interno con gli organi in movimento. La Corte ha altresì evidenziato l'assenza di cartelli di divieto di accesso all'interno dell'area del macchinario. Queste mancanze costituiscono violazioni dell'art. 71, comma 4 del D.Lgs. n. 81 del 2008. Non erano state approntate procedure di comportamento derivanti dal manuale d'uso, né erano stati valutati i rischi specifici per le operazioni di manutenzione, contravvenendo anche all'art. 2087 del Codice civile.
2️⃣ Formazione inadeguata del lavoratore:
Sebbene l'operaio avesse frequentato corsi e ricevuto istruzioni da un collega più esperto, l'unico abilitato dalla casa produttrice, non aveva potuto consultare un manuale d'uso in italiano al momento dell'incidente, in quanto quello disponibile era solo in inglese, e quindi di aver eseguito l'intervento sulla base dell'esperienza. Questa carenza formativa specifica per compiti delicati come la manutenzione si pone in contrasto con l'art. 71, comma 7 del D.Lgs. n. 81 del 2008.
3️⃣ DVR (Documento di Valutazione dei Rischi) insufficiente:
Nonostante il Documento di Valutazione dei Rischi fosse stato affidato a una società esterna, la Corte ha sottolineato che il conferimento a terzi non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia, di informare i lavoratori sui rischi e di fornire una formazione sufficiente. Nel DVR in questione, mancava una valutazione specifica dei rischi legati alla manutenzione del macchinario e alle procedure da adottare per eseguirla in sicurezza. Come ribadito dalla giurisprudenza, l'obbligo di redigere e aggiornare il DVR, indicando i fattori di pericolo e le misure precauzionali in relazione alle singole lavorazioni o all'ambiente di lavoro, resta in capo al datore di lavoro.
CONCLUSIONI
La sentenza ribadisce il principio fondamentale in materia di prevenzione infortunistica. In questo caso, il comportamento del dipendente, seppur imprudente, è stato considerato rientrante nell'area di rischio che il datore di lavoro avrebbe dovuto gestire con adeguate misure di sicurezza e formazione.
La mancanza di presidi di sicurezza del macchinario (griglie mancanti e joystick più lungo del dovuto), l'assenza di cartelli di ammonimento e di formazione adeguata hanno definito un "evidente deficit di gestione del rischio" a carico del datore di lavoro.
La condanna sottolinea l'importanza imprescindibile della prevenzione e della corretta gestione della sicurezza sul lavoro, elementi cruciali per la tutela della salute e dell'integrità dei dipendenti.